Accanto ad un ponticello in ferro, a picco sull’acqua, stà un vecchio edificio di tre piani. Zone di muro intonacato in rosso ricordano il colore mostrato quando era ancora attivo, e punto di riferimento per i contadini e gli artigiani della zona. Se ne ha notizia già nel medioevo; con opportuni rimaneggiamenti, è rimasto in funzione fino agli anni ‘60 del secolo scorso.
Sotto la prima gronda, si intuisce tutt’ora la scritta: Mulino di Boldara.
Un tempo le ruote erano tre. Il fabbricato non ospitava solo le macine, ma anche gli ingranaggi che muovevano una sega ad acqua ed un impianto per la lavorazione dei tessuti.
Passando a sinistra della costruzione si entra nel parco. Un'area tranquilla e bella. La strada che passa accanto al mulino è scarsamente frequentata e quasi non si scorge; camminando lungo la riva, domina il calmo fragore delle cadute acqua. Formano cascatelle; le ruote a pale che dovevano muovere, però, non si vedono più.
Un sentiero percorre la semicirconferenza che la riva forma avvolgendo lo specchio d’acqua di fronte al mulino. Una coppia di cigni ha messo su casa in una isoletta che si è formata nella zona più tranquilla del laghetto. Nel bosco, alberi di diverso tipo sono segnalati da cartelli che riportano il nome della pianta indicando il termine scientifico, quello italiano, quello veneto. Mi sono imbattuto in un ontàno (termine italiano). Nella parlata della locale si dice orner; in altre zone del Veneto (ma anche in Lombardia) si chiama onàro. E’ il primo albero del quale ho conosciuto il nome in veneziano. Sono passati cinquanta anni, ma ricordo ancora il contesto: un amico citava un proverbio che recita “l’onàro no fa vampa ma fa ciàro”. L’ontano non avvampa ma illumina.
Oltre ad illuminare senza incendiare le suppellettili accanto al camino, l’onaro possiede un’altra qualità: è resistente all’acqua. Gli onàri, assieme a tronchi di altri legni, sono stati utilizzati a milioni, piantandoli con il battipali, per consolidare il terreno delle isole sulle quali è stata costruita Venezia. Per la sola superficie sulla quale è stata eretta la Basilica della Madonna della Salute -vedi foto-, secondo stime di fonte prudente ne sarebbero stati utilizzati 100.000. Un’altra testimonianza, invece, riferisce di oltre un milione. Si conficcavano nel terreno con il battipali.