Incontri/Veneto

Stefano Maria Ricatti è un compositore. Anche uno strumentista; un insegnante; un karateka; un velista; un tennista. Un amico. Chiacchieriamo volentieri, quando capita che ci si veda. Molti argomenti. Anche musica, nonostante la sproporzione di conoscenza. Però a me piace ascoltare ed imparare.
Ecco il racconto di momenti all’interno di un mattino trascorso assieme nel suo studio, prima di dedicarci anima e corpo a pasta e carciofi, più un bicchiere di buon vino rosso ed un dolce consigliato dalla fornaia sotto casa. Non posso affermare di aver afferrato appieno tutto ciò che Stefano ha compreso nel tempo

che mi ha dedicato (ed il tempo è disponibile in quantità finita). Questi che seguono son solo riflessi; bagliori che sono stato in grado di cogliere. Come quelli che, camminando, portano a notare una finestra che si apre, una vetrina lungo i portici, un bicchiere ed una caraffa appoggiati su un vassoio. Certo: esiste anche il resto del mondo. Vario. Bello. Però, spesso rimane in ombra.
Per l’ombra, ho rimpianti ma non colpe; per ciò che è comparso nei lampi, ogni eventuale abbaglio è solo mio.
È un bel mattino d'ottobre.

PER LA TREDICESIMA C'È L'ACCORDO

Stefano si siede al piano, portando le dita delle mani alla tastiera come le zampe i ragni d’acqua sulla corrente. “Tempo fa, lavorando a musiche che dialogassero con un testo di Ruzante, mi era uscita dalle mani una sorta di canzona dalla dimensione un po’ arcana. Questa:

Più tardi, siccome mi intrigava la melodia, l’ho posta a galleggiare in una armonia molto aperta, un accordo di tredicesima:
"Ho poi pensato alla possibilità di proporre agli elementi della orchestra con cui lavoro di individuare ciascuno un proprio segmento e svilupparlo. L’intenzione era condurlo (il segmento) fino a giungere alla seconda parte, costituita da una modulazione molto semplice, in cui ogni strumento avrebbe trovato la propria linea lungo tracce che avrei scritto per ciascuno. Avremmo così composto un caleidoscopio di possibilità armoniche. Ogni volta sfruttando i cambi modali all’interno si passa, ad esempio, dalla scala naturale di do (modo ionio) al modo lidio (con il quarto grado aumentato: invece di contenere un fa naturale, incorpora un fa diesis). Più altre articolazioni a seguire”.
Pausa. “La musica è bella da ascoltare ma noiosa da spiegare, perché possiede un proprio linguaggio e non è trasferibile verbalmente nelle sue emozioni più intime…”.

“Sono disposto a resistere fino alla malinconia”.

“… poi, è iniziata la fase di orchestrazione per conferire a ciascuno dei ragazzi un proprio ruolo ed anche la possibilità di esprimere il proprio punto di vista all’interno della struttura con spazi di improvvisazione”.

“In un lavoro così rigoroso non mi aspettavo una apertura alla improvvisazione”

L’improvvisazione apre nuove prospettive; vive spazi riservati, dove ogni orchestrale, con il proprio strumento, deve metterci del suo. Successivamente, valutiamo assieme quali possibilità armoniche

siano più efficaci, finché si sceglie tra le tante una struttura che abbia coerenza e omogeneità. Ogni volta che la si propone in pubblico è una invenzione nuova: le interpretazioni sono libere e dipendono dal momento. Da come hai trascorso la settimana, se hai dormito bene o male, se hai litigato con la tua compagna, dal modo in cui risponde il pubblico, da come suonano i tuoi compagni in quel momento. È un attimo di grandissima libertà e sboccia davanti al pubblico. Così una musica ogni volta rinasce, ogni volta è nuova. Propone un canovaccio, come nella commedia dell’arte, ma nella circostanza il musicista, all’interno di un campo di possibilità, cerca di trarre il massimo”.

“Immagino non sia la modalità di lavoro standard”.

“Dipende: se scrivo musica di scena o per la danza, rigorosa e misurata al microsecondo, non posso lasciare i ballerini in balia dell’estasi dei musicisti. A meno che non sia previsto così dalla regia generale, in cui anche il ballerino/a si esprime in libera creazione assieme ai musicisti. Lo abbiamo sperimentato in uno spettacolo nel quale esistevano momenti di creazione in scena, dove il gesto del ballerino prendeva vita in una atmosfera emotiva proposta dalla musica, melodia, armonia, ritmica, colore.

“Ha già un titolo, il brano?”

“Si: Amore An. Ho lasciato quello originale del canto scritto per l’opera di Ruzante. La lingua che Ruzante usava, ostica ma piena di ritmo, di colori vocalici, rappresenta un buon punto di ispirazione per chi scriva musica. Il brano era nato all’interno della situazione che ho raccontato prima; adesso, lo sto trasformando in un pezzo per quartetto. Se vuoi possiamo ascoltare il risultato di una prova, in cui si sente e si capisce la direzione che può prendere”.

“Assolutamente sì. Quale è il tuo strumento?”

“Chitarra. Soprattutto elettrica”.

“Quindi, non il piano?”

“No. In precedenza ho utilizzato il piano per spiegarti la struttura del lavoro; però, in questo pezzo suono la chitarra”.

“È possibile sentire come ciò che abbiamo ascoltato al piano si trasferisce poi alla chitarra”?

“Sì. Passando dal piano alla chitarra si usano muscoli completamente diversi...”.

“Cosa ritroveremo nella chitarra di ciò che hai eseguito al pianoforte?”

“Tutto, ma separato.Prima suono alla chitarra la parte che, con il piano, era eseguita dalla mano sinistra. Ossia, la parte del basso. Con la loop machine la registro mentre la suono; poi, sopra incido la melodia che al piano suonavo con la destra. Devo farlo separatamente, perché mentre per produrre un suono al piano il dito spinge un tasto e lo ottiene, con la chitarra devi usare due mani per trarne un suono. Vado: prima registro la base, poi, al volo, la melodia”.

“Siediti ed ascolta il risultato complessivo, adesso. Ho inciso la registrazione intera di una prova, con Enrico al basso elettrico, Ivan alla batteria, Roberto al sax. Io alla chitarra elettrica. Mentre la registrazione va, posso adesso improvvisare al pianoforte. Aggiungo così un elemento e puoi valutare l’intervento della improvvisazione. Vado...?”

“Accendo il registratore. La qualità sarà quella modesta di un piccolo digitale, però… quando vuoi”.

Se vi va di conoscere meglio Stefano ed il suo lavoro come compositore e musicista, visitate il suo sito:
https://www.stefanomariaricatti.it
Stefano lo si incontra anche su instagram:

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Balanzin | Viaggi tra le righe

testi ed immagini © Balanzin / Viaggi tra le righe

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